
Il lancio di un’app internazionale: la campagna pubblicitaria di Vinted
“Hai presente quando compri cose che poi non metti?”
Nel dicembre del 2020 è sbarcata in Italia Vinted, l’app per la moda pre-loved. Dopo il successo ottenuto in 12 nazioni europee, l’azienda fondata in Lituania nel 2008 ha portato anche nel nostro paese il suo marketplace consumer-to-consumer per vendere e comprare vestiti di seconda mano.
“Fai una foto, la carichi e vendi senza commissioni. Quello che guadagni è tutto tuo!”
Chi vende su Vinted guadagna, dà una seconda vita ai capi che non usa più e mette in ordine l’armadio in un colpo solo. Ma l’app è particolarmente interessante anche per chi compra, perché sulla piattaforma troverà tantissime chicche a ottimi prezzi.
Il lancio italiano di Vinted è stato accompagnato da una massiccia campagna pubblicitaria che prosegue tuttora. Numerosi sono gli spot, trasmessi in altissima rotazione in TV e sul web, di cui ho redatto lo script e supervisionato casting e riprese.
Eccone alcuni che certamente avrai visto.
“Non lo metti? Mettilo in vendita!”
A meritare una riflessione particolare è a mio avviso il payoff di Vinted, “Don’t wear it? Sell it!”, che ho adattato dall’inglese all’italiano.
Partiamo dalla traduzione letterale, che sarebbe “Non lo indossi? Vendilo!”. Ora, “indossare” è una parola di registro un po’ elevato rispetto a un più colloquiale “mettere”, che avrei visto meglio in un contesto del genere.
Quindi avrei potuto dire “Non lo metti? Vendilo!”, giusto?
Non esattamente.
La versione italiana di “Don’t wear it? Sell it!” sarebbe stata pronunciata dalle attrici alla fine degli spot televisivi, per cui a mio avviso era fondamentale che il payoff avesse anche una certa musicalità. Musicalità che peraltro è molto forte in inglese: infatti la rima it / it, unita alla brevità dei verbi wear / sell, contribuisce a rendere la tagline immediata e facile da ricordare. In italiano, ahimè, questo non sarebbe stato possibile, semplicemente perché il “lo” nella prima frase precede il verbo (“non lo metti?”), mentre nella seconda è pronome enclitico, cioè appoggiato al verbo (“vendilo”). In più, sempre se avessi optato per “Non lo metti? Vendilo!”, avrei perso anche una buona dose di ritmo.
In pubblicità la forma è sostanza, perché il messaggio in sé conta tanto quanto le parole con cui viene espresso. Così ho pensato che ripetere il verbo non avrebbe soltanto dato enfasi al concetto, ma anche dato più armonia al payoff, sempre tenendo conto che sarebbe stato recitato.
Per questo “Don’t wear it? Sell it!” è diventato “Non lo metti? Mettilo in vendita!”.
Il paradosso è che, pur essendo più lungo di un letterale “Non lo metti? Vendilo!”, in realtà risulta più incisivo e di impatto. A riprova del fatto che la sintesi non è un valore da perseguire sempre e comunque, ma solo se “funziona”.
Quando si lavora con le parole, bisogna anche saper percepire la melodia che producono. Il che – non mi stancherò mai di ribadirlo, qui come ai miei corsi – dipende in buona parte dalla sensibilità individuale ed è difficilmente argomentabile su basi oggettive. Perché, in fin dei conti, la bellezza è soprattutto nelle orecchie di chi ascolta!
Per l’attenzione che presta ai dettagli, la sua proprietà di linguaggio e il suo modo di comunicare impeccabile, è un piacere lavorare con Claudia! Ho lavorato con lei a numerose produzioni: ogni volta mi sorprende per la sua competenza, empatia ed etica del lavoro. La consiglio senza alcuna riserva come partner per qualsiasi progetto di comunicazione.