16 Aprile 2019In Interpretazione4 Minuti

Interpretazione mediatica inglese-italiano per il settore musicale

Nel 2017 ho parlato alla Third International Conference on Interpreting Quality, terza conferenza internazionale sulla qualità nell’interpretazione che si è svolta a Granada.

Il mio intervento, intitolato “A hybrid within a hybrid: the interpreter-journalist for the music industry”, verteva sull’interpretazione mediatica per il settore musicale.

Il concetto di “media interpreting” include una pluralità di contesti diversi, dai programmi televisivi e radiofonici fino alle conferenze stampa e alle interviste face-to-face. Secondo Gabriele Mack,

“there seems to be an increasing tendency towards a hybridisation of roles, with leading journalists and showmen/women acting (also) as interpreters, and professional interpreters becoming (also) primary communications partners”.

Si registra quindi una crescente tendenza all’ibridazione dei ruoli: da un lato giornalisti e conduttori fungono anche da interpreti, dall’altro interpreti professionisti assumono il ruolo di partner chiave della comunicazione.

Ebbene, questa ibridazione è particolarmente evidente nell’ambito in cui opero.

Come interprete dall’inglese all’italiano e dall’italiano all’inglese mi occupo del settore musicale, nel quale tradurre discorsi da una lingua all’altra non è che una delle componenti del servizio. È infatti mio compito:

  • Facilitare uno scambio proficuo tra giornalisti/conduttori e artista, ad esempio ponendo io stessa ulteriori domande all’artista se le risposte fornite non sono state sufficientemente esaustive
  • Garantire la notiziabilità dei contenuti, ad esempio esplicitando i nessi tra le affermazioni dell’artista e i significati impliciti, arrivando a integrare le risposte con informazioni aggiuntive nel caso in cui l’artista non sia particolarmente loquace o chiaro nell’esposizione
  • Agire da gatekeeper, rifiutandomi di tradurre le domande che i giornalisti sono stati pregati di non porre all’artista (non posso entrare nei dettagli in questa sede, ma posso assicurare che questa funzione di gatekeeper la svolgo nei limiti del ragionevole!)
  • Comportarmi come una specie di “show-woman”, pronta a scherzare con i media e gli artisti accettando di essere il bersaglio delle loro battute (sì, nel media interpreting for the music industry succede anche questo).

In altre parole, questa ibridazione mi obbliga a diventare così visibile che divento invisibile come interprete e finisco per diventare qualcos’altro.

Arrivo quasi ad assumere il ruolo di co-conduttrice quando traduco a programmi radiofonici e di giornalista/moderatrice quando lavoro a conferenze stampa e round table. Sebbene questo modo di intendere la professione dell’interprete possa sembrare poco ortodosso o addirittura sconcertante ad alcuni colleghi interpreti, nella mia nicchia è sicuramente un approccio premiante, perché crea valore per il pubblico e per i clienti. Concordo pienamente con Jonathan Downie, secondo il quale gli interpreti non sono veicoli neutri e invisibili, bensì player ben visibili e fondamentali per il successo di un evento.

Inoltre, in quanto interprete e anche giornalista pubblicista, sono una forma di “ibridazione nell’ibridazione”. La mia doppia competenza stravolge le dinamiche che solitamente si instaurano nei contesti di media interpreting, contribuendo a creare un ambiente più amichevole e informale in cui i ruoli sono meno definiti. Ne sono convinta: fornire un servizio che vada oltre l’interpretazione così come la conosciamo consente all’interprete di soddisfare meglio le esigenze del pubblico di questo settore. E quindi di assicurare un servizio di maggiore qualità.

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