
Medicine at 9pm (Italy time): quando la cura si chiama Dave Grohl
Di solito in queste pagine propongo case study o mi addentro nelle technicality del mio lavoro. Stavolta invece voglio condividere qualcosa di più intimo.
Le giornate si allungano. Le restrizioni si allentano. Il peggio sembra ormai alle spalle (anche se ora c’è la guerra in Ucraina a destare più di qualche preoccupazione). Mentre scrivo, ho la sensazione di uscire definitivamente da quel tunnel di angoscia in cui sono rimasta prigioniera per due anni. Spero di non sbagliarmi.
Qui a Milano, dove vivo, il bollettino dei contagi da COVID-19 è sempre stato drammatico, credo più che nel resto d’Italia. Con l’introduzione del sistema a colori nel novembre 2020, eravamo puntualmente in “zona rossa”. Chiusure, limitazioni agli spostamenti e coprifuoco alle 22 esasperavano il mio senso di sconforto. Non riuscivo a vedere la fine dell’incubo. La mia vita era in stand by da fine febbraio 2020 e chissà per quanto tempo ancora lo sarebbe stata.
La Lombardia era “rossa” anche a inizio febbraio 2021, tanto per cambiare. Le mie giornate erano tutte uguali, mi rintanavo in studio dalla mattina alla sera uscendo solamente per fare la spesa. Lavorare era il mio unico svago, l’unica attività che riusciva a distrarmi dal pensiero costante della morte. Ero così avvilita e stanca mentalmente che facevo fatica anche a guardare un film o mettere su un disco. Inoltre si era innescato un circolo vizioso: non avevo più una vita sociale > soffrivo perché non avevo più una vita sociale > mi chiudevo in me stessa e avevo sempre meno voglia di parlare con la gente.
Meno male che il lavoro mi ha costretta ad ascoltare nuova musica e a discuterne con i miei simili (anziché intavolare amabili conversazioni con il gatto).
Martedì 9 febbraio 2021 Dave Grohl ha incontrato su Zoom i media italiani per presentare Medicine at Midnight, decimo album in studio dei Foo Fighters. E io ho avuto l’onore di tradurlo. Non senza una buona dose di tensione, perché giusto due giorni prima della round table mi era saltata la connessione Internet. Fortunatamente, però, quella sera ha funzionato tutto a dovere: alle 21 ci siamo ritrovati davanti a uno schermo per un’oretta in compagnia di un mito.
Perché l’evento si svolgesse in modo più fluido, avevo il compito non solo di tradurre, ma anche moderare l’incontro. Ho dato il benvenuto all’attesissimo ospite americano, gli ho chiesto qualcosa sul disco per rompere il ghiaccio, e poi sono passata a riferirgli in inglese le domande che i giornalisti avevano fatto pervenire qualche giorno prima, traducendo in italiano le sue risposte. Una specie di talk show. Per me che a 17 anni sognavo di diventare conduttrice di MTV, una soddisfazione senza precedenti.
Nel corso degli anni avevo tradotto vario materiale dei Foo Fighters. Perlopiù cartelle stampa, ma anche il making-of animato di Concrete and Gold e soprattutto Play, il mini-documentario di Dave Grohl. Mi ero quindi fatta un’idea del personaggio, approfondita poi con la preparazione in vista dell’interpretariato, e sapevo che era una persona positiva e disponibile. Ma “incontrarlo” è stata un’esperienza elettrizzante, e so per certo che lo è stata per tutti i partecipanti. La carica di entusiasmo ed energia che Dave ci ha trasmesso era proprio quello di cui avevo bisogno in un momento per me così difficile sotto il profilo emotivo. Sentendolo parlare, mi sono resa conto di non essere l’unica a cui la pandemia aveva scombinato i piani (e più in generale l’esistenza). L’intenzione dei Foo Fighters era quella di fare uscire il disco nel 2020, a 25 anni di distanza dall’album di debutto, per festeggiare alla grande la loro gloriosa carriera. A causa della situazione sanitaria mondiale, però, hanno deciso di rimandare la pubblicazione al 2021, peraltro senza avere la certezza di poter intraprendere una tournée nell’immediato. Il disco era pronto e volevano condividerlo con il mondo, non ne potevano più di aspettare.
In effetti Dave è sempre stato inarrestabile. Non si è fermato nel 1994 dopo il suicidio di Kurt Cobain e la fine dei Nirvana: passato lo shock iniziale, nel giro di un anno ha avviato il progetto Foo Fighters con un disco in cui suona tutti gli strumenti. Non si è fermato nel 2015 quando si è rotto una gamba durante un concerto in Svezia: si è fatto costruire un bel trono e ha continuato a esibirsi da seduto per il resto del tour. Sono convinta che nemmeno la perdita di Taylor Hawkins, batterista dei Foos suo “best friend and partner in crime” morto qualche settimana fa, riuscirà a fermarlo. Tornerà sulle scene, si tratta solo di avere un po’ di pazienza. O quantomeno me lo auguro.
Durante la round table Dave ha toccato vari temi, dai Nirvana alla politica, passando anche per gli Scream, band hardcore con cui si è esibito nei centri sociali italiani verso la fine degli anni Ottanta. Loquace e brillante, ha risposto con dovizia di particolari alle domande che ho fatto in tempo a porgli prima che scadesse il tempo a nostra disposizione, e noi lo ascoltavamo in estasi, contagiati dalla sua simpatia e ammirati per il suo vissuto. Ecco, quella sera di febbraio in “zona rossa”, con il suo sguardo curioso e ironico sul mondo, Dave Grohl mi ha aiutata a ritrovare un po’ di joie de vivre e soprattutto la speranza di rialzare la testa dopo un periodo di prolungata prostrazione. Da uno che dà sempre il 100% in tutto ciò che fa, che trova stimoli sempre nuovi anche quando bisogna stare chiusi in casa, e che riesce a superare le avversità con grandissima tenacia e presenza di spirito, c’è solo da imparare. E io il 9 febbraio 2021 ho imparato qualcosa che mi porto nel cuore ancora oggi.
Ho avuto modo di vedere Claudia all’opera durante una round table musicale via Zoom con Dave Grohl dei Foo Fighters: non solo è stata un’interprete perfetta, in grado di tradurre dall’inglese all’italiano e viceversa in maniera rapida e precisa, ma è riuscita anche a moderare l’incontro virtuale con professionalità ed empatia. Non è facile coordinare i tempi e le persone, specie quando non si è in presenza, ma l’incontro è andato benissimo. Era evidente che oltre a conoscere la lingua, Claudia conoscesse anche l’argomento di cui si parlava e fosse un’appassionata di musica. La sua presenza ha sicuramente reso l’intervista più semplice e ancora più memorabile.